mercoledì 24 settembre 2014

Dal mugello ai primi lembi Emiliani

Mugello, una delle più belle zone della toscana, ricca di sorgenti , site fra freschi e ombrosi boschi, da pochi anni è stata costruita, sul fiume che lo attraversa: la Sieve , un imponete diga, che ha dato vita a un lago artificiale : il lago di Bilancino, , esso rappresenta la più grande e importante riserva d'acqua della Toscana, Dal mugello parte, anche la via di comunicazione con l'emilia. Via che per secoli è stata l'unica che metteva in comunicazione Firenze con Bologna ,

Qualche tracciato transappenninico esisteva probabilmente già nel periodo pre-romano. Ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza etrusca su ambedue i versanti dell'Appennino. L'aumento dei traffici fra il nord ed il centro della penisola fece nascere però, già in epoca romana, l'esigenza di una "strada di valico". Nel 187 a.c. fu tracciata la Flaminia minore del 187 dal console Gaio Flaminio che da documenti del XVIII e del XIX secolo si legge "via Fiaminga", si doveva estendere dalla via Emilia al Sasso di S. Zanobi, .arrivare fino a pietra mala, da cui poi si poteva raggiungere la raticosa e proseguire in direzione di Bologna

Con le invasioni barbariche le vecchie strade maestre romane, abbandonate dalle carovane commerciali, decaddero rapidamente.

La direttrice di transito transappenninica medievale, come ci testimoniano fonti duecentesche, doveva passare per l'Osteria Bruciata (mt. 917), , per poi proseguire verso Pietramala, attraversare poi il P.sso della Raticosa (mt. 968) , per arrivare a Scaricalasino (l'attuale Monghidoro).

Nel periodo dei Comuni con la nascita di borghi fortificati come Firenzuola (1332) e Scarperia (1306). nel 1367 venne creato il valico del Giogo di Scarperia (mt. 882), dal Giogo si scendeva a Firenzuola , per risalire verso a Pietramala e quindi passare per la Raticosa, per sconfinare in Emilia

Fu questa la strada maestra che per quattro secoli assicurò il collegamento postale fra Firenze e Bologna. Il percorso richiedeva almeno due giorni e veniva fatto a cavallo e per alcuni tratti a dorso di mulo, .

La situazione dei ponti prima dell metà del ‘700 era disastrosa: se la Sieve era attraversabile all'altezza di S. Piero nel Mugello per mezzo di una struttura più volte ricostruita nei secoli, la stessa cosa non si poteva dire per il Santerno a Firenzuola che, presumibilmente, ancora nel Seicento doveva essere passato a guado

Solo il passaggio del Granducato di Toscana nell'orbita asburgica fu deciso l'ammodernamento della Bolognese, passando questa volta dal valico sulla Futa (mt. 903), in modo che fosse percorribile in ogni stagione con le carrozze a quattro ruote per i viaggiatori ed i barrocci per le merci. Sul progetto dell' Ing. Anastagi, commissionato dai Lorena, fu realizzato (1749-1762) ex-novo un tratto di parecchie miglia dalla zona di San Piero a Sieve sino a Pietramala con rivestimento "a sasso e ghiaia"; allargamenti e spianamenti furono invece previsti a partire dalla porta di San Gallo (Firenze) sino alla dogana delle Filigare, dove si entrava nel territorio pontificio.. I Lorena, decisero , poi , una variante , alle porte di Pietramala, intorno al M. Beni. Qui il tracciato fu particolarmente laborioso per le continue massicciate, allargamenti e ponti di una certa ampiezza.

Il viaggiatore francese De Brosses descrive così il suo attraversamento appenninico nel 1739:

"... ci mettemmo in cammino facendo circa cinquantacinque miglia ed arrivando lo stesso giorno a Firenze. Benchè siano soltanto ventidue leghe, si può dire che, a causa delle difficoltà delle strade, è una giornata di posta delle più dure. Bisogna incessantemente arrampicarsi o scendere per gli Appennini.
I superlativi italiani si erano sprecati a darcene una pessima idea; ma in verità è una calunnia. Vi assicuro che tutti quelli che si incontrano finchè si procede per lo Stato Pontificio, sono dei bravi diavolacci di Appennini, praticabilissimi "

Non ci fu, tuttavia, mai prima della metà del ‘700 un progetto organico atto ad intervenire al miglioramento della viabilità fra Firenze e Bologna, in particolare nelle zone di valico.


La rinnovata via transappenninica che, proprio a Pietramala ritrovava la più antica strada praticata ovvero la vecchia "postale" per Bologna, rimase, sino quasi alla fine del XVIII secolo, l'unica arteria che consentiva di scavalcare agevolmente l'Appennino Tosco-Emiliano, confermandosi sino ai giorni nostri (S.S. 65 della Futa) come la più importante via di comunicazione tra la pianura padana ed il resto d'Italia

Partendo, quindi , da San Piero Sieve e dirigendosi al lago di bilancino si imbocca la statale della Futa, dove, fra l'altro, è sito uno dei più famosi cimiteri dell'ultima guerra mondiale dei soldati americani. Durante il percorso , si incontrano deliziosi paesi montani, costruiti fra laghetti, e deliziosi boschetti.

Sono pesini di costruzione antica e contadina. Percorrendoli per le loro stradine strette, ammirando le basse casine in pietra e legno, con i tetti di ardesia adornati da deliziosi camini, si può ancora respirare il profumo di cose passate, ma sempre gradevoli a ritrovare. Come la visione di una chiesa, costruita nella parte alta del paese, che al suono delle campane annuncia festosa ogni ora del giorno, o invita alla santa messa, o annuncia tristemente la dipartita di un abitante del paese.

Paesini , questi, dove ancora, si sente, provenire dalle case il profumo del pane appena sfornato, dove ancora fuori dalla porta, si pone il bricco per freddare il latte , preso dal contadino e appena bollito,. dove d'inverno l'incondibile profumo del fumo dei camino si mischia al fresco profumo della neve, della pioggia , del freddo

Dove dalle stalle giunge ancora il profumo delle mucche, che molti chiamano puzzo. Personalmente , anche se riconosco che nn è un buon odore, lo adoro, misto ai mille profumi genuini della montagna , come adoro il silenzio di quei paesini, rotto dal muggito delle mucche e dalle voci di qualche comare o qualche bambino..

Fermiamoci dunque a Pietramala, che è sempre stato un importante nodo di comunicazioni, ed è un paese ricco di fascino naturale e leggendario

Prima però vorrei narrare la storia dell

A metà strada fra Firenze e Bologna, sorge il delizioso paesino: Pietramala..

Pietramala si presenta come l’ultimo avamposto del territorio mugellano.

Sulla parte alta del paese, sorge una deliziosa chiesa: la chiesa di San Lorenzo , ricostruita sopra l’antica Pieve di Pietramala, del XVI SEC costituisce uno dei tesori architettonici di maggiore interesse per il visitatore, vero patrimonio culturale di tutto il Mugello.

LA CHIESA DI PIETRAMALA

" Cupo il cielo non ha, nella sua notte
gonfia di vento che attorce gli abeti,
brillar di lontanissimi pianeti:
voci non ha che d’urla ininterrotte.

Come da oscure, avvolte, orride grotte
svolano intorno all’anima, inquieti
vipistrelli del cuore, i miei segreti
folli pensieri in tormentose frotte.

Negra di fronte la chiesetta inalza
la schietta vigoria delle sue pietre,
e la tenebra più la discolora:

domani forse dall’opposta balza,
contro le nubi che s’ammassan tetre,

su questa terra nascerà l’aurora ?"

Gino Altoviti (1928



Pietra mala è ricordata nella storia, per la presenza in passato del fenomeno "dei fuochi "che colpirono assai la fantasia della gente del posto e furono oggetto delle più svariate congetture anche da parte dei viaggiatori stranieri che si trovavano a percorrere la lunga e faticosa via fra Bologna e Firenze.

Alessandro Volta dopo averli visitati nel 1780 descrisse con queste parole i famosi "terreni ardenti" di Pietramala, conosciuti più comunemente come "fuochi", .

"Alla distanza di poco più d'un mezzo miglio al disotto del villaggio sul pendio del monte evvi un terreno, come un piccol campo, il quale mirato anche da lungi, vedesi coperto di fiamme, che sorgono all'altezza di alcuni piedi, fiamme leggere, ondeggianti, e di color ceruleo la notte, come s'accordano tutti a riferire gli abitanti di quelle vicinanze; in tempo di chiaro giorno queste fiamme non si scorgono che assai dappresso, e appaiono assai tenui e rossigne ".


Oggi ormai sono poche le persone che possono ricordare questo affascinante fenomeno, che per secoli e secoli ha costituito una caratteristica indelebile di Pietramala; non bisogna però stupirsi di questo se si pensa che ormai da un secolo le fiamme non sono più visibili, da quando cioè nelle zone interessate dai fuochi si cominciarono a trivellare pozzi per l'estrazione di petrolio e gas metano, il quale, uscendo dalle crepe di terreni argillosi e incendiandosi durante i temporali a causa dei fulmini, era all'origine dei cosiddetti "fuochi".

Le sorgenti dei fuochi erano localizzate in tre differenti punti, tutti situati nelle vicinanze del paese, e conosciuti con il nome di Fuoco del Legno, Fuoco del Peglio e Acqua Buia. Sembra che ne esistesse anche un quarto, detto di Canida .

Il Fuoco del Legno era situato subito sotto al paese, in una zona conosciuta ancora oggi con il nome di Vulcano, proprio a cagione di questi fuochi, ed era il più noto perché ardeva sempre ed era anche quello maggiormente visibile dalla strada principale; un viaggiatore così descrisse ciò che vide

" ... nelle notti buie e piovose le sue fiamme si univano in un fascio che veniva su tra le pietre rossastre e calcinose, tanto da potersi vedere da lontano elevarsi in alto ed illuminare sinistramente molto spazio intorno"


Il Fuoco del Peglio era situato poco lontano da quello del Legno, nei pressi dell'abitato del Peglio; questo era conosciuto col nome di Paradiso. Anche questo fuoco era quasi sempre acceso e presentava gli stessi fenomeni di quello del Legno: la terra intorno a loro aveva un colore nerastro, era untuosa e odorava di petrolio.

Il fuoco dell'Acqua Buia era situato subito al di sopra del paese, ai piedi del contrafforte arenaceo di Monte Oggioli; la bocca di questo fuoco formava un piccolo bacino dove si raccoglievano le acque, che bollivano per la risalita dei gas dal sottosuolo: a causa di ciò il fuoco era quasi sempre spento. Solamente in estate, quando il bacino era in secca, si formavano piccole fiammelle che si spegnevano al minimo alito di vento

Nel '600, quando ancora i fuochi incutevano terrore, il Fuoco del Legno era denominato l'Inferno o Bocca d'Inferno. Ciò, pare, perché i viaggiatori che si smarrivano nella notte finivano in precipizi per via di queste fiamme luminose che essi volevano seguire.

Continuando da Pietramala in direzione di Bologna, troviamo un altro luogo incantevole :Boccadirio, Devo dire che qui nn ci troviamo più in Toscana , ma in Emilia, infatti siamo già in provincia di Bologna. Però anche se nn siamo in terra Toscana, il luogo di Boccadirio, merita, ugualmente due parole.

Nel suo insieme è una valletta solitaria e raccolta, sita a 719 m.s.m., tutta circondata da aspre e ripide balze, che la racchiudono come in una conchiglia.

Nascosto fra abeti, e castagni, sorse in questa zona un santuario, in onore della Madonna che si narra, esser più volte apparsa in questi luoghi In una balza verso ponente, è stato anche eretto l'altare dove, si dice apparve ai pellegrini tutta vestita di bianco, e lì su quell’altare si celebrano i sacrifici ad onore di Lei.

Il santuario è costruito a forma rettangolare, con la presenza, da un lato di viale alberato di entrata al santuario . Dall’altra parte , due scalinate in marmo bianco, terminati in una sola, conducono alla porta di entrata del santuario.

All’interno del santuario, troviamo la tipica sistemazione dei cortili interni dei conventi. Un porticato, in alto costruito a volte da cui partono delle colonne che terminano in basso su un piccolo muretto che fa da contorno al porticato, delimitandone il camminamento . Sotto il porticato troviamo sistemate le cellette dei frati, e la chiesa, il cui interno ha spiccate caratteristiche barocche , è infatti ricco in ori e ornamenti. La chiesa è in netto contrasto con il resto della struttura. L’intero monastero, ad eccezione della chiesa ,fu progettato sia nel suo contesto che nei suoi particolari, in uno stile abbastanza sobrio, che a parer mio tanto si addice ai luoghi dove il santuario è nato .. All’interno del porticato, con ubicazione a cielo aperto vi è un delizioso praticello. D’estate ricoperto di un erbetta verde e fresca, che invita sdraiarcisi sopra. D’inverno invece lo spettacolo cambia, ma è oltremodo incantevole: su quello stresso prato vi è la neve alta, tutto l’esterno il santuario è ammantato di neve, a far da contorno a tutto ciò , boschi di abeti che mantengono sui loro rami la neve appena caduta. E’ infatti raro che in questa zona d’inverno manchi la neve.

D’estate fra i boschi troviamo deliziose cascatelle di aqua , mentre il rio scorre passando sotto le arcate del santuario

Molto spesso in estate vi è poca acqua nel ruscello, mentre in primavere e in autunno se le piogge sono presenti , il rio riassume la caratteristica tipica di un torrente di montagna, Poi col sopraggiungere dell’inverno in alcuni punti l’acqua forma delle deliziose candelette di ghiaccio, che sembrano dei cristalli attaccati ai massi del fiume, molto spesso si formano in maniera tale da formare svariati e bizzarri disegni .


. La natura di questi luoghi, con il loro fascino inconfondibile, era particolarmente adatta alle meditazione dell'anima. Per rinfrancare e purificare lo spirito Inoltre questi luoghi sono stati sempre importanti, perché da qui passavano le vie più impegnative che collegavano il Sud e il Nord della penisola italica. Basti ricordare il vicinissimo passo della Futa. C'erano poi anche altre vie mulattiere o semplici sentieri. Una di queste passava appunto dalla località di Roncobilaccio, risaliva la conca di Boccadirio e più su al monte Tavaniella, per ridiscendere poi a Montepiano, fino a sfociare in piena Toscana.

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