sabato 13 dicembre 2014

Le armeggerie del 12 febbraio 1386


Era il febbraio del 1386 il freddo ancora pungente dette un po' di tregua nei giorni della candelora ,
in cui secondo il detto popolare se piove o gragnola saremo fuori dall'inverno.
Ma aimè dopo pochi giorni iniziò a nevicare forti e seguì per diversi giorni .
Era il tempo del carnevale e così i fiorentini pensarono a trarre profitto e a divertirsi.
La neve fu utile come svago agli sbarazzini, ma molestò non poco le persone per bene, che provando a uscir fuori si ritrovarono bersaglio di palle di neve, che se per caso finivano nel collo si scioglievano colando giù per la schiena e provocando intensi brividi.
La città era in mano a questi scapestrati che facevano un baccano del diavolo , andavano correndo urlando e ridendo , quasi come se non cadesse dal cielo la neve , ma venissero giù zecchini d'oro.
In ogni piazza c'era un'omino di neve, tutta la città fu per giorni come trasformata .
A quei tempi ogni età era vissuta godendo a pieno di cosa offriva, non c'era desiderio di crescere prima del tempo, i giovani non pretendevano a vent'anni di esser più saggi e più bravi dei loro vecchi.
I giovani facevano i giovani : studiavano imparavano, se era possibile ciò che è più di studiare, pensavano a divertirsi, a vivere la vita senza pensieri, e senza preoccupazioni, ci sarebbe stato tempo per diventare vecchi e brontoloni e noiosi.
sarebbe venuto da solo il tempo dei pensieri e dei doveri, di occuparsi di cose serie e mettere testa quadrata per gli affari.
Si diceva allora," ogni cosa a tempo debito", ed il miglior tempo è sempre quello che passa e che non torna più .
Altri erano gli ideali e i valori, a quel tempo i giovani seguivano i consigli dei vecchi facevano tesoro della loro saggezza ed esperienza, e pensavano a vivere la gioventù, ma nei momenti difficili e pericolosi erano i primi che, guidati dal generoso istinto giovanile, accorrevano e combattevano e morivano per l'ideale della patria.
Passato il momento del bisogno, chi di loro rimaneva vivo ritornava a divertirsi e pareva nona vesserò mai fatto altro.
In quel febbraio del 1386. di neve e carnevale, sei giovani fra i quali spiccavano anche nomi importanti, come un giovane della famiglia degli Acciaoioli, si vestirono di drappo bianco, calze e cappucci, per festeggiare il carnevale
Quella brigata bastò a ravvivare la città , e a far innamorare qualche donzella.
Allora si usava onorare la dama andando sotto le sue finestre di notte, per cantar liete canzoni d'amore accomapgnandosi con il suono delle tiorbe e dei liuti; e le fanciulle stavano nascoste dietro le finestre , ascoltavano commosse i dolci canti, che dagli orecchi andavano dritti al cuore.
Fu un lieto e gaio carnevale quello che si svolse in quel febbraio innevato, e quei giovani nonostante la neve venisse giù fitta e copiosa, continuarono a percorrere la città allietandola di canti e improvvisando danze.
Ma le armeggerie vere furono gli spettacoli fatti a cavallo, dove gioiste e giochi venivano fatti sotto le case delle dame prescelte dai cavalieri, ed esse per tanto onore divenivano una specie di celebrità.
Erano spettacoli fieri e gentili, dove destrezza e abilità guidavano i giochi e le giostre.
Il popolo andava matto per quei divertimenti e faceva folla dietro a quelle comitive eleganti nei loro costumi carnevaleschi ; il suono degli strumenti, il canto delle romanze, rendevano queste feste poetiche artistiche ed eleganti.
Ma come sempre non erano tutte rose quelle fiorivano,.
Succedeva, non di rado, che gli armeggiatori venissero ripagati con risa, lazzi spiritosi e pungenti, se non fischiati, quando l'armeggiatore nel buttar la lancia per aria, non faceva in tempo a riprenderla, oppure se per poca destrezza o per uno scarto del cavallo cascava per terra.
Non meno tremendo era il baccano e le risate, se a qualche povero diavolo, che offrendo il suo canto ed il suo cuore alla donzella a cui si era appassionata, da lei venivano gli venivano chiuse le finestre ..
Il povero menestrello oltre al rifiuto della fanciulla doveva subire lo scherno della folla, per giunta sotto gli occhi di colei cha amava e che sdegnosa aveva volto altrove lo sguardo.
La neve assieme alla grazia di quei sei giovani vestiti con drappi e cappucci, rese il carnevale del 1386 tra i più gai che Firenze ricordasse, anche se in certi momenti la gentilezza e la fierezza degli armeggiatori poteva essere coperta dalla maleducazione e dallo scherno popolare.

(liberamente tratto dal testo " fatti e aneddoti di storia fiorentina" autore Giuseppe conti )

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